Musica
Dimmi a che concerto vai e ti dirò chi sei: come i live raccontano di te
In un mondo in cui l’offerta musicale è frammentata, algoritmica, sempre disponibile ma raramente vissuta nella sua densità, optare per un live è anche, e forse soprattutto, un atto identitario: racconta chi siamo, cosa desideriamo, quale estetica ci rappresenta e quale esperienza cerchiamo.
A partire da questa premessa, abbiamo provato a disegnare una piccola mappa del pubblico contemporaneo, una serie di ritratti possibili: figure che si delineano a partire dai gusti musicali, ma che raccontano molto di più. E per ciascuna, un suggerimento, un concerto in arrivo che potrebbe piacere.
L’ascoltatore assorto
C’è un tipo di ascoltatore che non cerca la folla, ma la soglia. Che si avvicina alla musica con un’attenzione quasi religiosa, come se ogni nota potesse aprire uno spazio altro, sospeso, non immediatamente traducibile.
La sua sensibilità non è spettacolare, né facilmente condivisibile sui social. Ha a che fare con la qualità dell’ascolto, con la capacità di cogliere il dettaglio, di lasciarsi attraversare dal suono senza doverlo decodificare.
Per chi appartiene a questa categoria, o vi si riconosce anche solo a tratti, il ritorno di Ludovico Einaudi al Teatro Dal Verme di Milano è un tempo privilegiato.
Quindici serate consecutive, dove il minimalismo poetico del compositore torinese si dispiega nella sua forma più pura. Un’occasione per ritrovare, attraverso la musica, un’intimità sempre più rara.
Il lirico urbano
C’è chi è cresciuto con il rap, ma non con l’aggressività iconica delle posse, bensì con una sua forma più malinconica, metropolitana, disillusa. Chi ascolta con attenzione i testi, ma non cerca il punchline; chi si muove tra beat morbidi e melodie sincopate, e trova nella voce ruvida e nell’autonarrazione una forma di rispecchiamento emotivo.
Questo ascoltatore riconosce nel concerto una zona franca tra pubblico e privato, tra esposizione e vulnerabilità. Il palco diventa un diario aperto, e ogni strofa una maniera per dire ciò che altrimenti resterebbe impronunciabile.
In questo senso, Frah Quintale è oggi uno dei nomi più significativi. I suoi live non sono incendiari, ma calibrati, umani. Perfetti per chi ha bisogno di uno spazio in cui sentirsi meno solo.
L’ottimista generazionale
Il pop, quando è fatto bene, non è superficialità. È accesso diretto all’emozione, forma compiuta del presente.
L’ascoltatore pop non si vergogna di amare i ritornelli, le ballate, le grandi aperture armoniche. Non cerca l’elitarismo, ma la comunione. È colui che sa vivere il concerto come un momento di espansione collettiva, dove le parole diventano slogan affettivi e la melodia un vettore di riconoscimento.
Chi sceglie il pop fatto con intelligenza, con mestiere e con onestà, si posiziona in una zona intermedia: non vuole rinunciare alla qualità, ma nemmeno alla condivisione.
Il doppio appuntamento italiano con gli OneRepublic risponde a questa esigenza. La band americana, forte di una carriera ventennale e di una scrittura limpida, offre un’esperienza live capace di abbracciare intere generazioni, in bilico tra introspezione e spettacolo.
Il radicato contemporaneo
Ci sono ascoltatori che non si accontentano della superficie. Che vogliono che la musica racconti la complessità. Che siano napoletani di nascita o solo nello spirito, cercano artisti capaci di tenere insieme tradizione e conflitto, bellezza e ambiguità.
Per loro, la canzone deve avere corpo. Deve saper parlare del presente senza cancellare le ferite. Dev’essere politica, poetica, carnale, e possibilmente in dialetto.
La Niña, in questo senso, è un riferimento imprescindibile. Voce lucida e necessaria della nuova scena partenopea, ha il talento raro di rendere musicale la frizione, di raccontare il Sud senza folklorismi, con uno sguardo maturo e una scrittura stratificata.
Il tour europeo 2025, e in particolare le date italiane tra novembre e dicembre, sono l’occasione per incontrare una delle artiste più vitali del presente.
Il sofisticato indie
Poi ci sono quelli che osservano tutto, ma partecipano solo quando davvero ne vale la pena. Che non amano le mode, ma ne conoscono i codici. Che cercano nel live qualcosa che sia elegante, ma non patinato; ironico, ma non superficiale.
L’ascoltatore indie non è un nostalgico, è un esteta. Riconosce un buon testo, una bella orchestrazione, una produzione pensata. Ama i riferimenti, le citazioni, i giochi di stile.
I Baustelle sono, da anni, la sua band di riferimento. Perché riescono a mantenere una forma di distanza critica e al tempo stesso a scrivere canzoni che arrivano dritte al punto.
Ecco che, con il tour 2025, tra festival e palasport, arriva il momento di vederli in una nuova fase di splendore creativo, dopo l’uscita di El Galactico. Un concerto che parla a chi ha bisogno di bellezza e malinconia.
Ogni concerto è una scelta che parla di te
Che tu ti riconosca in uno solo di questi ritratti o in tutti insieme, poco importa. L’identità musicale non è fissa, è in movimento. È un paesaggio emotivo che cambia con il tempo, e che trova nel live la sua forma più vera.
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